Articolo di Veronica Salvia Cruciani
Nell’ultimo articolo abbiamo parlato della qualità dell’acqua, nello specifico di come essa sia influenzata dall’agricoltura. La ricerca scientifica ed alcune (virtuose) industrie si ingegnano per creare, brevettare od escogitare soluzioni che non abbiano una ricaduta sulla qualità e la quantità delle acque. Dai nuovi metodi di agricoltura e pastorizia, a nuove sostanze o rivoluzionari macchinari agricoli. Dov’è il lavoro “soft” per cambiare non solo i prodotti ed i servizi ma anche la mentalità? Conosciamo davvero perchè queste novità in ambito tecnologico verrebbero adottate dagli agricoltori? Conosciamo gli agricoltori?
. Difatti si è buffamente tagliato fuori dalla narrazione, l’elemento che forse ha più peso: l’essere umano.
Quello che sta danneggiando il nostro pianeta è dovuto in primis all’attività umana, quindi, prima di sostanze, macchinari e metodi che l’umano usa, vi sono scelte, attività, stili di vita e comportamenti; a loro volta determinati da motivazioni, ambiente esterno, credenze, cultura ed appartenenza a gruppi, categorie sociali e religioni.
Nell’ultimo ventennio alcuni ambienti nel settore agricolo –da quello scientifico alle iniziative popolari –si sono mossi sull’onda di queste nuove scoperte scientifiche e tecniche, chiamando in causa il comportamento umano ed i suoi moventi per fare in modo che vengano applicate.
Infatti l’agricoltura è un fatto umano, quindi è l’umano –inteso come singolo ma anche come società –che deve operare scelte e comportamenti compatibili con un’agricoltura che tenga conto non solo le leggi del mercato, ma anche della sostenibilità, ovvero del futuro di tutto il pianeta.
Riguardo l’influenza che ha l’agricoltura sulla qualità dell’acqua, l’Unione Europea ha finanziato ed implementato un preciso programma chiamato Water Framework Directive, il quale chiede la gestione integrata delle risorse idriche in tutta l’Unione europea (UE) ed impegna gli Stati a garantire che tutti i corpi idrici superficiali siano in “buono” stato ecologico entro il 2027.
Di conseguenza, se a livello territoriale come accade in Italia od Irlanda, ci sono considerevoli differenze morfo-geologiche; è chiaro che ad alcuni agricoltori vengono richiesti più sforzi e più costi di altri. Malauguratamente, dal punto di vista idrico, le zone più svantaggiate sono quelle del sud, che coincidono anche con le zone più povere, creando una sorta di competizione sleale tra agricoltori dello stesso paese ma provenienti da regioni o zone diverse.
Una delle innovazioni della WFD è che, a differenza dei regolamenti precedenti, richiede agli Stati membri di gestire i corpi idrici su scala, in base al bacino fluviale.
La necessità di questo accordo non è messa in evidenza solo dalle recenti emergenze ambientali, ma anche dall’imponente stress idrico che l’Europa sta fronteggiando, sebbene sia enormemente ricca di risorse idriche (si faccia il confronto con zone aride e secche come la Tunisia o la California). Si pensi infatti che 20 dei 25 stati europei sottopongono i loro territori a stress idrico che porta a costi insostenibili a lungo termine, sia dal punto di vista finanziario che ambientale-umano. Solo il 9% dei terreni europei risulta irrigato, ma utilizzano fino al 60% delle risorse idriche, in particolare per coltivazioni come olive od arance, che crescono in zone tipicamente aride ma necessitano molta acqua per maturare.( fonte:eea.europa 2014 ). Con i recenti cambiamenti climatici le siccità saranno sempre più frequenti e, abbinate a un aumento demografico, sortiranno l’effetto del serpente che si mangia la coda. Ad essere colpite non saranno solo le regioni più meridionali ma anche quelle come Regno Unito e Germania. Un esempio sono le recenti inondazioni che l’Irlanda (Nord e Sud) ha subito.
Per dare un’idea della ricaduta finanziaria, basta guardare agli Stati Uniti, i primi -ed al momento unici –a presentare uno studio dettagliato sull’uso dell’acqua dolce: i costi della depurazione dell’acqua negli USA si aggirano intorno ai 2 mld l’anno. L’UE probabilmente non si allontana molto da queste cifre.
Questo è un problema che non interessa la singola azienda ma tutti, dato che la qualità dell’acqua disponibile influenza la quantità di acqua utilizzabile da animali, uomo e piante.
A ciò, molti paesi stanno abbandonando la politica di incentivazione della produzione agricola attuata solitamente tramite bonus, puntando invece a scoraggiare i comportamenti dannosi per le acque (spreco incluso).
Così si inizia a formulare le prime direttive –sia a livello aziendale che pubblico– per cambiare le misure di gestione dei nutrienti per piante od animali, per incrementare la partecipazione a programmi agroambientali finalizzati a migliorare le pratiche aziendali, per migliorare la gestione delle aie e degli stabulari o per incoraggiare l’efficientamento dell’uso di letame e di fertilizzanti organici e inorganici. Ogni micro-componente chiamata in causa da questo elenco, è uno tra i tanti atomi che influenzano quantità e soprattutto qualità dell’acqua.
Uno dei maggiori inquinanti nel primo settore è l’allevamento, soprattutto quello finalizzato alla produzione di latticini. Nelle aziende zootecniche, si è scoperto che la perdita di azoto può essere mitigata attraverso cambiamenti nello stoccaggio e nell’applicazione del letame, per esempio applicandolo in primavera, quando il manto erboso assorbe meglio i nutrienti, ed impiegando attrezzature mirate. Quindi un migliore assorbimento di azoto da parte dei pascoli riduce la quantità dispersa in acqua.
Inoltre, migliorando la dieta del bestiame si riduce l’escrezione di azoto. Infine, l’uso di colture di copertura* e le fasce tampone hanno dimostrato di essere molto efficaci in termini di riduzione delle perdite di azoto
Per motivare un cambio di comportamento, occorre guardare alla psicologia umana. Cosa si può fare?
Per agire sul comportamento in un contesto sociale, si deve esplorare quali sono i domini comportamentali che impediscono una transizione agricola verso il sostenibile. Nel linguaggio della psicologia, i domini comportamentali sono le influenze intrinseche (“personali”) od estrinseche (“esterne”) sul comportamento umano.
Uno dei modelli più usati per spiegarlo, è il COMB-b, nel quale confluiscono diversi modelli e teorie (come la motivation theory e la teoria dell’apprendimento programmato) che fanno capo alla corrente comportamentista. La sigla COMb sta per “Capability-Opportunity-Motivation” (immagine 1), ed ognuna è influenzata da diversi domini comportamentali. La parola Capacità sottintende sia capacità psicologica che fisica (quindi non dipendente dalla motivazione). L’Opportunità si divide in opportunità sociale che fisica, intendendo così la possibilità che si ha di fare ed apprendere qualcosa di nuovo. “Motivation” intende la spinta intenzionale all’azione, che si tratti di una spinta esterna od interna. L’opportunità è determinata dall’ambiente esterno ed in qualche modo ogni persona la rielabora o percepisce in maniera diversa, mentre la motivazione e la capacità dipendono principalmente dal singolo anche se l’ambiente ha un’influenza consistente.
Per capire come i tre drivers si combinano occorre intervistare sia gli agricoltori che gli informatori agricoli, ovvero i “brokers” che fanno da tramite tra l’apparato giuridico, quello governativo e gli agricoltori.
Immagine 1
I domini comportamentali che influenzano capacità, opportunità e motivazione sono soprattutto la percezione del non avere le risorse ed il supporto politico e finanziario, l’ingerenza delle spese da sostenere, la mancanza di conoscenza in uno o più settori diverso dal proprio o riguardo le novità in materia agricola. A questi si aggiunge a volte il mancato supporto sociale dall’ambiente dei pari.
Per garantire non solo il supporto politico ma anche un’adeguata governance ed un policy making adeguato, sarebbe importante coinvolgere coloro che rappresentano tutte le categorie toccate o chiamate in causa dai cambiamenti richiesti ( esempio: agricoltori medio grandi marchigiani, pastori che praticano la transumanza molisani…) oltre che, imprese, associazioni for profit e no profit e privati cittadini.
Lo scopo è passare dall’analisi comportamentale di un problema a un metodo di intervento basato sull’evidenza. Occorrono infrastrutture, organismi e metodi che permettano agli imprenditori od ai policy-makers di identificare le aree funzionali di intervento e le categorie di pratiche da attuare per portare al cambiamento.
Seguendo il COM-B model, si ha la ruota del cambiamento (Behaviour change wheel, immagine 2), nella quale si presuppone che l’individuo debba acquisire (od avere) la capacità di mettere in atto un cambiamento, che si esplica nell’opportunità sociale e fisica di mettere in atto il comportamento richiesto. Inoltre, la componente motivazionale deve essere tale per cui l’individuo non solo voglia cambiare, ma la sua volontà di attuare un nuovo comportamento sia superiore ad altre motivazioni concorrenti. Se un comportamento desiderato non si sta verificando (o un comportamento indesiderato si sta verificando), allora un’analisi dei drivers comportamentali aiuterà a definire cosa deve cambiare affinché il comportamento desiderato si verifichi (o il comportamento indesiderato cessi).
Ruota del cambiamento comportamentale, (Behavioral change wheel, COM-B model)
Capacità, opportunità e motivazione: sono le parole che come una leva, solleveranno il mondo. La possibilità di realizzare un cambiamento efficace dipende dalla capacità fisica e mentale che abbiamo per portarlo avanti, dalle opportunità che ci si presentano ed infine dalla motivazione per farlo. Non sono solo 3 item da inserire in un modello cartacei come la Behavioral change wheel, ma sono un concentrato di potenziali azioni e prese di decisone capaci di cambiare le sorti dello stress idrico europeo. Riusciremo ad usare questi tre superpoteri?
REFERENZE
Foresta.
Anche un bambino sa quanto sia preziosa la foresta. L’odore fresco e mozzafiato degli alberi. Uccelli echeggianti che volano sopra quella densa magnitudine. Un clima stabile, una vita diversificata sostenibile e una fonte di cultura. Tuttavia, le foreste e altri ecosistemi sono in bilico, minacciati di diventare terreni coltivati, pascoli e piantagioni.