Giornata mondiale degli oceani. Così risponde la natura: acqua acida sempre più sporca e uragani violenti.
L’argomento cardine di oggi riguarda l’acqua. Infatti è la giornata mondiale degli oceani, nata dall’esigenza di ritagliare uno spazio in cui parlarne. Si può dire che copre quasi il 70% della superficie del nostro pianeta e, a dispetto di ciò, è il meno studiato e conosciuto. Non sono la prima a dirlo, mi ha preceduta Sir David Attenborough, che nel suo documentario della BBC “Blue Planet II” afferma che ogni anno vengono classificate circa 2.000 nuove specie marine.
La Giornata Mondiale degli Oceani non è solo oggi; si celebra l’8 giugno di ogni anno, giorno in cui cade l’Anniversario della Conferenza Mondiale su Ambiente e Sviluppo di Rio de Janeiro. L’obiettivo comune deve essere quello di salvaguardare il polmone blu del Pianeta. Si sente spesso parlare solo degli alberi come mezzo di assorbimento dell’anidride carbonica e rilascio di ossigeno ma si trascurano gli oceani.
Effetti dei cambiamenti climatici a livello globale
Probabilmente quello che sto per dire non suonerà nuovo: a seguito del riscaldamento globale, che diventa più tragico via via che passano gli anni, la temperatura media degli oceani sta aumentando.
Quali sono le conseguenze più evidenti?
La formazione di uragani più frequenti e violenti. Questo si spiega attraverso una serie di circostanze.
Il calore generato dalla CO2 che produciamo, viene in parte assorbito dalle terre emerse e il restante è imprigionato dai vasti oceani del pianeta. Nell’ultimo decennio questa capacità di assorbimento ha preso la rincorsa raggiungendo una certa velocità, tant’è che lo strato superiore delle grandi masse d’acqua terrestre è più caldo, in media, di 0.6°C.
Per semplificazione si può dire che l’aria calda e umida che si forma sopra gli oceani, non è altro che energia che rende instabile lo strato atmosferico più basso spostando i venti verso l’alto in un’unica direzione e formando un uragano.
Altro elemento da tenere in considerazione è l’acidificazione delle acque oceaniche causato dalla famosa anidride carbonica. Diretta conseguenza è l’impatto fortemente negativo sulla biodiversità marina e quindi anche sulla nostra alimentazione. Questa, combinata con una pesca spropositata e con l’abbandono dei rifiuti (soprattutto plastici) crea un circolo vizioso che sopravvive ancora.
È ora di cambiare
È sempre sostenuta la partecipazione ai gruppi di raccolta sulle spiagge che oltre alla valenza pratica di smaltire l’immondizia, consentono di fare educazione ambientale soprattutto con i giovani. Di questo ci occupiamo in parte anche noi di 2hands con operazioni di clean up rivolte, in questo caso, al mare Adriatico (fonte link https://2handsorganization.com/adriatic-heroes/).
Ripulire le spiagge è un gesto solidale lodevole ma non va considerato come la “cura” del problema. La chiave, come sempre è la prevenzione, cioè l’adozione di atteggiamenti più puliti e volti a un consumo moderato e pensato in ottica ambientale.
Non è possibile cancellare tutto e ricominciare da capo. Si può ripartire con quello che si ha a disposizione, direi intanto, la speranza e maggiore informazione.
Fonti:
https://www.isprambiente.gov.it/it/evidenza/giornata-mondiale-degli-oceani/giornata-mondiale-degli-oceani