a cura di Veronica Salvia Cruciani
Il libro che vi consigliamo questo mese è un fumetto di Emma, ingegnera, fumettista e scrittrice francese.
Non lasciatevi ingannare dall’aura di leggerezza con cui è etichettata la categoria dei fumetti. Emma sa essere densa come la crema solare 50+ (ricordate: inquina), concentrata come un limone, e diretta come un lama quando sputa nell’occhio.
Il suo interesse cardine, il femminismo intersezionale, l’ha portata a chiedersi come i diritti umani, specie quelli delle classi più povere e delle donne, s’intersechino con la questione ambientale. Per capire cosa sia andato storto, studia e analizza dettagliatamente un incalcolabile numero di libri, articoli, pubblicazioni scientifiche, conferenze e documentari, facendosi aiutare da numerosi esperti nel settore. Da qui deriva la densità nonché la ricchezza nozionistica del libro, controbilanciate da un’ironia tendente al sarcasmo e da uno stile leggero e fresco, ricco di termini colloquiali.
Il capitolo iniziale già butta con un calcio il lettore dentro l’argomento gridando “This is Sparta!”. Infatti è la parte più significativa e coinvolgente, in quato parla delle origini della macchina a vapore nonchè del capitalismo come lo conosciamo ora: inquinante e sfruttatore. Emma riporta gli studi dell’attivista, scrittore e PhD svedese Andreas Malm, il quale ha offerto una delle diagnosi più acute della malattia di cui il pianeta soffre: l’economia fossile. Nel suo libro intitolato “Fossil Capital” ha ripercorso la storia della macchina a vapore del XIX secolo nella produzione di cotone. Nell’Inghilterra di quel tempo il carbone non era più economico dell’energia idrica –infinita, pulita e gratuita –ma aveva l’unica virtù di indebolire quelli che lavoravano in campagna a vantaggio di coloro che possedevano i macchinari.
Come?
Le condizioni di lavoro poste dai gestori dei mulini ad acqua erano spesso contestate e rifiutate dai coltivatori locali, i quali in alternativa potevano vivere di autoconsumo o commerciando i loro prodotti. Inoltre uno stabilimento di lavoro presso i mulini richiedeva la costruzione di villaggi per gli operai e le famiglie, l’apertura di negozi, scuole domenicali e chiese. Insomma, costoso. Tuttavia gli agricoltori e le agricoltrici si adattarono a malincuore a queste nuove condizioni, che assicuravano un salario ad un numero maggiore di persone rispetto alla semplice agricoltura di sussistenza.
Il twist plot avviene solo nel 1825, data in cui il Combination Act permise agli operai ed alle operaie di riunirsi, scioperare, protestare e formare sindacati. Inutile dire che i lavoratori ne approfittarono, anzi, usufruirono di un diritto per il quale avevano combattuto. Di conseguenza, i padroni, si resero conto che occorreva un’alternativa che obbligasse quella grande massa di rompiscatole ad emigrare nelle città per smettere di lavorare la terra o il cotone nelle filande campestri ed esser tenuti sotto controllo. Oppure essere sostituiti e rimanere senza lavoro.
“Non ti soddisfa il salario e vuoi i permessi di malattia pagati? Nessun problema, ce ne sono altri mille che per la metà di questo stipendio faranno il tuo lavoro. Prego, l’uscita è alla mia destra” Se a qualche stagista o neo-laureat* questo discorso suona familiare, sappia che possiede la stessa matrice di un’economia che sta letteralmente devastando il Pianeta.
Dunque, all’alba della prima Rivoluzione industriale, una macchina a vapore alimentata a carbone è funzionale. Anzi: doppiamente funzionale. Crea un sistema fisico e gestionale dove il dissenso è praticamente impossibile e concentra la produzione in un unico spazio senza il bisogno di costruire inutili orpelli come chiese e scuole. Ciliegina sulla torta: ammassare gente in città non avrebbe solo aumentato la manodopera, ma avrebbe anche impedito che le loro energie si disperdessero nei lavori agricoli. Difatti, spendere per estrarre e trasportare combustibile fossile non sembrava così male considerando la spesa per mantenere un villaggio di campagna popolato da abitanti che chiedevano salari e servizi dignitosi. Quindi, l’economia fossile, a detta dell’Autrice, è già nel suo DNA inseparabile dallo sfruttamento degli esseri umani e della Natura. Essa negli anni ha creato l’illusione di una crescita autosufficiente che rimane fondamentale per alimentare il sistema attuale: una macchina che non può mai fermarsi, anche se distrugge ciò che ci circonda.
Allora, si cambi il sistema. L’Autrice spiegherà come nei capitoli successivi, appellandosi a fonti scientifiche ed eminenti attivist*. Abbiamo i mezzi, la cultura e la motivazione per farlo. Ed il tempo? Poco, il fumetto fornisce abbastanza dati per credere che non si stia peccando di pessimismo.
Leggetelo se: avete bisogno di un’inquadratura generale sulle maggiori questioni legate all’economia fossile e all’attivismo ambientalista. Consigliato anche a coloro che non amano le letture pesanti e si annoiano facilmente. Questo fumetto è colorato, irriverente e spiritoso.
Non leggetelo se: avete abbastanza eco-ansia e temete che essa vi impedisca di agire in maniera costruttiva. Pur essendo ricco di fonti, bibliografie e riferimenti, non è indicato per chi vuole sviscerare una questione a fondo
La chicca in più: se state studiando o volete imparare il francese, leggerlo in lingua originale non vi peserà e sarà un ottimo avvio soft prima di passare a Les misérables.
Da regalare a: vostr* nipot* di 15 anni che inizia ad interessarsi all’attivismo o magari ha già partecipato ai Fridays for future. Oppure al parente con mille impegni e tre figli che si frustra quando confonde i termini “ambientalista” e “attivista per il cambiamento climatico” o “emergenza per calo di biodiversità” ed “emergenza per innalzamento degli oceani”.